Corsi di inglese per chi parte da solo: consigli pratici per socializzare
Partire da soli per un corso di inglese all’estero è una di quelle cose che fanno un po’ paura, ma che quasi sempre poi ti cambiano sul serio. Lo dicono tutti, lo so — però qui non si tratta solo di “migliorare la lingua”. Il vero passaggio è imparare a stare in mezzo a persone nuove, abituarsi a una città che non conosci… e magari farsi qualche amico durante il percorso. Che sembra scontato, ma chi ci è passato sa che all’inizio non lo è affatto.
Ecco alcuni consigli sinceri, raccolti ascoltando chi come te ha davvero vissuto tutto questo — con le proprie insicurezze in valigia.
Scegli la scuola (e il corso) pensando anche alla socialità
Ci metto la mano sul fuoco: non esiste “il corso perfetto” per tutti, però cambia parecchio se scegli una scuola con un ambiente dinamico e tanti studenti oppure una realtà più intima e raccolta. Le scuole internazionali spesso organizzano serate, escursioni, attività sportive. Non è solo pubblicità per riempire il programma: sono occasioni vere di incontro, soprattutto nei primi tempi quando trovare un appiglio fa la differenza. Occhio anche a scuole che hanno qualche “buddy system”, cioè ti abbinano a qualcuno che è lì da un po’ — un piccolo aiuto in più per sentirsi meno smarriti.
L’alloggio conta (più di quanto immagini)
Tantissima gente mi ha scritto che la vera svolta è arrivata quando ha scelto una sistemazione condivisa: famiglie ospitanti (host family), residence per studenti, appartamenti con coinquilini. C’è chi ha rischiato una stanza singola e si è trovato troppo isolato, magari dopo i primi giorni di entusiasmo. Vivere con altri ti obbliga (in senso buono) a parlare inglese anche quando cucini la pasta o litighi sulla pulizia del bagno — che non è male per allenarsi. Qui non c’è una regola d’oro: l’importante è chiederti quanto davvero sei disposto/a a stare da solo, almeno nei primi mesi.
Non snobbare le attività fuori dall’aula
Negli orari “extra” succedono molte delle cose più belle: c’è chi ha fatto il suo primo gruppo di amici in una gita il sabato, chi giocando a calcetto o al karaoke organizzato dalla scuola. Spesso si pensa “che noia”, oppure “non sono capace”, ma sono momenti in cui tutti sono un po’ spaesati: se ti butti, anche solo una volta, scopri che non sei l’unico ad avere paura di restare solo. Sono passaggi delicati che però servono, anche se ti senti fuori posto all’inizio.
Il ghiaccio va rotto, anche se sembra una montagna
Sembra una sciocchezza, ma molti si bloccano sul “cosa dico per primo?”. Preparati qualche domanda base (“Da dove vieni?”, “Come ti trovi qui?”) o anche solo un sorriso abbozzato: costa poco e spesso basta per cominciare. Nessuno si aspetta il tuo inglese da film — si cresce sbagliando, anche scambiando due parole goffe. Certo, ci vuole un po’ di faccia tosta, ma una volta partito, il resto viene dopo.
Tecnologia: utile, ma con gli occhi aperti
App per conoscere gente (Tandem, Meetup e simili) ce ne sono a bizzeffe e possono aiutare a rompere il ghiaccio. Però la vera partita si gioca offline: messaggi, chat e videochiamate vanno bene per avvicinarsi, ma appena puoi cerca di organizzare qualcosa di vivo: un caffè, una passeggiata, anche una visita insieme a un museo. È lì che si rompono davvero le distanze.
Non forzarti, ma nemmeno chiuderti
C’è chi fa amicizia al pirmo giorno, chi ha bisogno di settimane. Vale tutto. Capita anche di sbagliare gruppo, trovarsi in mezzo a gente che non ti rispecchia o non sentirsi accettato. Prendilo come normale e non chiuderti: passa oltre, cambia giro, ascolta chi c’è stato prima di te. Chiedi aiuto — a scuola, a qualche ex-studente, magari alle community online. Niente di quello che provi è “strano” o “inaffrontabile”.
Occhio, ma senza paranoie
Cerca sempre di restare te stesso: vai incontro agli altri, ma ascolta anche il tuo istinto. Non devi fidarti di tutti, soprattutto se qualcosa ti mette a disagio o ti sembra “troppo facile”. Sii aperto, ma resta prudente: la trasparenza negli incontri va bene, ma senza perdere di vista la sicurezza personale (soprattutto in grandi città o in gruppi nuovi).
Domande che riceviamo spesso
“Devo sempre parlare inglese?”
No, e nemmeno ci riuscirai tutte le volte! All’inizio, parlare con altri italiani può essere una boccata d’ossigeno. L’importante è non restare sempre e solo nei “gruppetti nostrani”, se no ti perdi metà dell’esperienza.
“E se sono timido/a?”
Ti capiamo benissimo. Inizia da qualcosa di facile: iscriviti a un paio di attività di gruppo, segui le conversazioni senza pressione, prova a buttare lì una domanda ogni tanto. A volte basta una chiacchierata breve per trovare una persona come te.
“Meglio una scuola grande o piccola?”
Dipende da te. Scuole grandi = più persone = più occasioni ma rischio di “perdersi nella folla”. Scuole piccole: atmosfera più raccolta ma opportunità diverse. Prova a immaginarti in entrambi i contesti — non c’è una soluzione migliore in assoluto.
Un pensiero finale
Andare all’estero da soli per studiare inglese non è una di quelle cose da “Instagram”. Ci saranno giorni duri — altri bellissimi, pieni di incontri che non ti aspetti. La socialità si impara, coi tentativi e qualche figuraccia, e sì: serve del tempo. Ma ne vale la pena, davvero.
Se sei perso tra le mille opzioni, vuoi capire quale alloggio scegliere, o hai domande che non ti fanno dormire, scrivici senza imbarazzo: non sappiamo tutto, ma quello che abbiamo imparato lo condividiamo volentieri, senza filtri e senza pressione. Siamo qui davvero, anche dopo la partenza. E se non sappiamo rispondere a qualcosa, te lo diciamo apertamente.
In bocca al lupo — e ricordati: la solitudine dei primi giorni è spesso solo il primo capitolo di una storia un po’ più grande.
— Il team di Studey (che a sentirsi soli ci è passato, eccome)